Ci ho messo sei ore prima di rendermi conto di non aver neanche guardato l'altro lato della cartolina, quello che di solito s'intende come principale, la foto. Questione di un istante: paesaggio urbano, didascalia, cartolina voltata. Seguono minuti dedicati alla minuziosa e involontaria analisi di scelte e composizioni sintattiche, morfologiche, sonore e geometriche delle parole, per poi ingigantire col tocco dei polpastrelli oculari i particolari del francobollo, prender nota di tutte le date, divertirmi con i giochi di parole che offre il timbro, seguire tracce di pennellate che lascia il pennarello sul cartoncino nonostante la punta fine.
Forse è una caratteristica molto bambina, questa manìa per i particolari. Sono un maniaco del dettaglio? Non è colpa mia se certe persone sono soprattutto i loro polsi, l'intonazione della voce mentre parlano spontaneamente. Immagino che la parte adulta dovrebbe spingermi a una maggiore attenzione per l'aspetto generale, complessivo delle cose. Un quadro ottenuto attraverso le valutazioni costi/benefici, tempo/resa e altre incombenze dell'età dei bilanci e del diciamoci le cose come stanno (le cose stanno come ce le diciamo).
È rasserenante pensare che non sia davvero colpa mia.
Con questo non intendo dire che non mi piaccia guardare i paesaggi. Il problema è che la prima cosa che riesco a notarne sia la distanza. Visti dal vivo o mediati dal ricordo di un luogo che ho vissuto danno tutto un altro effetto, rendono possibili le immersioni come un cielo stellato in un luogo alto e buio in una notte tersa di marzo o d'agosto. Ma in foto sono faticosi. Così statici da avere tutto il tempo per indagare sulla nuvola che avvolge il faro come un abbraccio, sulla ELLE nel cielo e sui tetti rossi irrimediabilmente remoti.
E allora accetto la legge del più forte delle parti adulte altrui. Continuino pure a divertirsi delle mie espressioni meravigliate per il modo in cui vanno le cose, per le scommesse incoscienti e i rischi. La mia parte intatta ne viene smussata di volta in volta, ma è ancora lei che comanda; non l'involucro che cambia forma ogni volta che incollo di nuovo i frammenti. Lo scrive così sfacciatamente, la vanitosa, se la ride e puntualmente si vergogna di essersi mostrata a chi vuole vederla perché è bizzarra, I think you're freaky and i like you a lot.
In fondo a lei piace restare nascosta a patto che il gioco consista nel farsi cercare.
Quello che non ho sono le mani in pasta
quello che non ho è un indirizzo in tasca
quello che non ho sei tu dalla mia parte
quello che non ho è di fregarti a carte.
Quello che non ho è una camicia bianca
quello che non ho è di farla franca
stesso fondale, sotto luci diverse